martedì 27 maggio 2014

La Rivoluzione francese


La Rivoluzione francese è stata uno dei più grandi eventi della storia, perché ha condizionato non solo la storia della Francia ma quella del mondo intero. 
Con la Rivoluzione francese è finito un mondo, quello dei privilegi, ed è nato un mondo nuovo, in cui le persone sono uguali e libere almeno nei diritti.

Per capire la Rivoluzione francese bisogna risalire indietro nel tempo, alla situazione della Francia nella seconda metà del '700.

Nel 1774 era salito al trono un re debole, Luigi XVI, che si rivelerà inadeguato a gestire la grave crisi in cui la Francia precipitò alla fine del '700.

Luigi XVI all'età di vent'anni.

La Francia aveva aiutato gli Americani nella loro Guerra d'indipendenza dagli Inglesi (1775-1783), ma al termine della guerra si era ritrovata fortemente indebitata con le banche estere. La Francia non solo non era in grado di restituire i debiti, ma aveva difficoltà persino a pagare gli interessi; il Paese era insomma a rischio di fallimento (bancarotta).

Caricatura che raffigura i tre ordini (Clero, Nobili e Terzo Stato) che sorreggono insieme di peso del debito dello Stato.

















La Francia del '700 era un Paese in cui vigeva il sistema di Ancien Régime, un tipo di società in cui i cittadini non erano tutti uguali, ma divisi in categorie con diritti e doveri differenti: alcuni cittadini godevano di diritti dai quali altri cittadini erano esclusi. 

Le categorie privilegiate erano quelle del Clero e dei Nobili; la categoria esclusa dai privilegi era quella del Terzo Stato. Il Clero e i Nobili costituivano insieme non più del 2% della popolazione francese; il Terzo Stato costituiva il restante 98% dei Francesi.

Schema della società francese dell' Ancien Régime : al vertice, in rosso, c'è il re; sotto il re ci sono le due categorie privilegiate del Clero (in blu) e dei Nobili (in rosa); la base della piramide è il Terzo Stato (in grigio), che è articolato al suo interno in borghesia (più in alto), contadini, operai, ecc.


Per risolvere le difficoltà finanziarie della Francia vi era una sola via: far pagare le tasse a chi finora non le aveva mai pagate, il Clero e i Nobili, ma questi due ordini si opponevano fermamente. 

Il ministro del re, Jacques Necker, arrivò a pubblicare il bilancio dello Stato, nel tentativo di far capire a tutti la gravità della situazione; ciononostante le categorie privilegiate non vollero rinunciare ai loro privilegi.

Il banchiera ginevrino Jacques Necker.

Il frontespizio dell'opera in cui Necker pubblicò nel 1781 il bilancio dello Stato francese:




Nell'anno 1788 sulla Francia si abbatté anche una grave carestia, che fece salire il prezzo del pane e gettò nella miseria una popolazione già in grave difficoltà. Nelle campagne i contadini si ribellavano agli esattori delle tasse e nelle città si verificano rivolte contro i rincari del prezzo del pane.

Disegno che raffigura un assalto ai forni per rubare il pane.


Nell'impossibilità di risolvere da solo la situazione, il re decise di convocare gli Stati generali, cioè l'Assemblea dei tre ordini (che non veniva convocata dal 1614), per la primavera del 1789.

In questo video (tratto dal film "La Rivoluzione francese" del 1989) si vede il re discutere con il ministro Necker sulla necessità di convocare gli Stati generali:





Prima che i rappresentanti si riunissero a Versailles, si tennero le elezioni in tutta la Francia e, in questa occasione, vi fu un grande fermento politico: si fondavano nuovi giornali, nascevano nuovi club per discutere di politica, si scrivevano lamentele al re per fargli conoscere tutti i problemi della popolazione francese (i cahiers de doléances). 

Disegno che raffigura una riunione per scrivere un cahier de doléances.
Un particolare di un cahier de doléances.




Finalmente, il 5 maggio 1789, si tenne la prima seduta inaugurale dell'Assemblea degli Stati Generali.

La seduta inaugurale degli Stati Generali.

Un particolare della seduta.





























Fin dall'inizio i deputati del Terzo Stato posero subito il problema del sistema di voto: chiesero al re che non si votasse più per ordine (1 voto per ogni ordine o stato, in tutto 3 voti), ma che si votasse per testa (1 voto per ogni deputato, in tutto 1139 voti). 
Dato che il Terzo Stato aveva la maggioranza dei deputati (578), anche se i nobili (270) si fossero uniti al Clero (291) non avrebbero potuto prevalere.
Il re non diede ascolto a questa richiesta del Terzo Stato.

Esasperati dall'atteggiamento del re, i deputati del Terzo Stato il 17 giugno 1789 si autoproclamarono Assemblea Nazionale. Il re considerò illegale questa nuova assemblea e il 20 giugno fece trovare chiuse le porte della sala in cui l'Assemblea si riuniva, allora i deputati del Terzo Stato si recarono in una sala vicina (la sala della pallacorda) e lì giurarono che non si sarebbero mai più sciolti finché non avessero dato alla Francia una Costituzione: era nata così l'Assemblea Nazionale Costituente.

Disegno di David raffigurante il Giuramento della Pallacorda.

Dipinto di Couder raffigurante il Giuramento della Pallacorda.

La sala del Giuramento della Pallacorda oggi.

Il testo originale del giuramento con le firme.




Il re non ebbe il coraggio di sciogliere l'Assemblea, sebbene la considerasse illegale, ma compì l'errore di assumere un atteggiamento ambiguo nei confronti della Rivoluzione: da una parte assecondava i cambiamenti, dall'altra si circondava di truppe pronte a intervenire per riportare la Francia al passato.

Spaventato dall'atteggiamento del re, il popolo di Parigi decise di armarsi il 14 luglio 1789 e assaltò la fortezza-prigione della Bastiglia, edificio simbolo del potere del re e deposito di armi. 







La Presa della Bastiglia segnò una svolta nella Rivoluzione perché per la prima volta fu usata la violenza e per la prima volta entrò in scena un nuovo protagonista, il popolo in armi.

La fortezza della Bastiglia in una stampa di inizio Ottocento.

L'assalto alla fortezza.

Il comandante della fortezza viene trascinato dalla folla.

Piazza della Bastiglia oggi.


Dopo la Presa della Bastiglia si diffuse in Francia un clima di tensione che gli storici hanno chiamato "Grande paura": si temeva che il Paese fosse sul punto di essere invaso da eserciti invasori e briganti, e devastato. I contadini si armarono contro questi pericoli immaginari e cominciarono ad assaltare i luoghi che simboleggiavano il potere: monasteri e castelli.

L'Assemblea costituente, per sedare questa rivolta, decise di prendere nell'agosto del 1789 due provvedimenti: abolì il sistema feudale, cioè tutti i privilegi di cui godevano clero e nobili, e emanò la "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino", un documento storico, in cui si enunciano per la prima volta principi universali, come quello di uguaglianza e quello democratico.





I provvedimenti dell'agosto del 1789 non potevano diventare leggi finché il re non li avesse firmati, e per l'appunto il re si rifiutava di firmarli; inoltre il re si circondava di truppe straniere che costituivano una minaccia per la rivoluzione. 




Divenne ben presto chiaro a tutti che il re doveva essere tenuto sotto controllo, ma ciò era possibile solo se lui fosse andato a vivere a Parigi, lasciando la Reggia di Versailles. Di conseguenza, il 6 ottobre del 1789 si mise in marcia una folla di donne da Parigi alla volta di Versailles per costringere il re a trasferirsi a Parigi. 

Dopo drammatici momenti, il popolo ottenne quello che chiedeva: il re si trasferì con la famiglia a Parigi, nel palazzo delle Tuileries.




Il 2 novembre 1789 l'Assemblea decise di confiscare e vendere i beni ecclesiastici al fine di migliorare la condizione delle casse dello Stato (i beni venduti valevano come garanzia per l'emissione di assegnati, cioè titoli di Stato).

In seguito, nel 1790, l'Assemblea votò la Costituzione civile del clero, cioè la legge che stabiliva che il clero di Francia doveva giurare fedeltà allo Stato francese; in cambio i preti francesi avrebbero ricevuto uno stipendio dallo Stato. Molti membri della Chiesa si rifiutarono di giurare fedeltà, perché il papa si era opposto a questa legge.

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